Padre camorra – Vittorio Vavuso
“La cosa bella che traspare attraverso queste pagine, al di là della forma e della storia in sé, è la voglia di lottare del protagonista Antonio, il suo volersi confrontare con degli affetti forti ma con dei valori che si dimostrano ancora più radicati.
Un bel messaggio, una bel colpo di spugna su tante di quelle miserie che purtroppo appesantiscono il nostro quotidiano.”
Queste sono le prime considerazioni che ho appuntato dopo aver finito di leggere Padre Camorra, di Vittorio Vavuso.
Scrivere la “recensione” del libro di un diciassettenne che affronta la camorra, non è poi una cosa così semplice. Perché vi chiederete? Provate a leggerlo essendo pienamente consapevoli del tempo che viviamo, degli insegnamenti che abbiamo, dei valori che difendiamo. Con questi occhi, scoprirete che non è per niente banale ciò che è stato raccontato.
La trama racconta di un giovanissimo cresciuto solo con il padre che crede, come ogni bambino, perfetto e irreprensibile. Duro colpo sarà scoprire la realtà di un genitore malavitoso e assassino. Eppure la tragica scoperta non resta episodio isolato, ma diventa spinta per affrontare e combattere un mondo che non ha nessuna giustificazione di esistere. La violenza, il sopruso, la paura non sono alla base del vivere civile.
E Vittorio ha saputo raccontare questa rabbia, questa voglia di non arrendersi ad una situazione che sembrava senza uscita, ma non è mai solo così, una soluzione c’è sempre. A volerla trovare.
Ma dicevo del momento storico. Da poco si sono spenti i riflettori sulla terza, dico e sottolineo terza serie di Gomorra. Non so che opinione avete al riguardo, ma io l’ho trovata veramente disgustosa. Anche se devo confessare di aver visto, complessivamente, solo qualche episodio finale. E mi è avanzato, forse per questo mi chiedo come si sia arrivati fino a tre. Ma i gusti, le esigenze, i messaggi che si vogliono trasmettere forse sono diversi e dunque vai con Ciro e i suoi “colleghi”, i morti facili, le vite stroncate che forse non sono nemmeno le più sfortunate in quei contesti, perché mi chiedo che vita è quella di chi non conosce il significato della parola fiducia, con le spalle al muro, dentro case blindate che diventano prigioni: somigliano alla casa di Zagor. Eppure questa serie, a cui qualcuno ha pure cercato di dare giustificazioni sociali, è stata seguitissima. I ragazzi hanno adottato lo stesso taglio di capelli dei “malandrini”, le loro battute sono entrate nel linguaggio corrente e, orrore orrore, forse per caso o forse no, sono esplose le bande che ti attaccano senza motivo, per dimostrare qualcosa a qualcuno.
Non so se Saviano aveva previsto tutto questo. Non so se da un probabile documentario aveva immaginato che potesse partire una serie così seguita e immagino così remunerativa. Se dall’alto del suo puntare il dito contro la camorra ha mai immaginato quanta bella pubblicità gratis le ha fatto. Se ha previsto che quel genere di vita che ha raccontato diventasse motivo di ulteriore sfottò per noi del Sud.
Interrompo qui l’elenco di tutte le domande che mi sono venute in mente mentre guardavo certe scene e torno con la mente a Vittorio, alla freschezza della sua lotta, alla voglia di difendere i suoi sogni che non sono quelli di appartenere ad una banda e girare armato, ma difendere chi è più debole, voler combattere i prepotenti, vivere nel rispetto di chi ti è accanto.
Questi sono gli esempi che vogliamo trovare e che vogliamo seguire. Sottolineare come la via del riscatto non è attraverso la violenza ma passa attraverso la cultura e la conoscenza. “Vi ho lasciati analfabeti e vi ritrovo analfabeti” è la frase della pubblicità di un film. Ma non è la semplice battuta di un attore, è una grande verità. Solo gli ignoranti possono essere manipolati, solo gli ignoranti possono essere schiavi, solo gli ignoranti non possono avere speranza.
Noi viviamo in una società che ha fatto dell’ignoranza uno scudo contro tutto: non solo derivante dal non avere nozioni, ma di valori. Oggi si inneggia alla decisione dei porti chiusi all’ennesimo barcone di profughi e ne siamo disgustati, ma non eravamo ancora noi che fino a pochi giorni fa puntavamo il dito contro quei migranti “che ci tolgono il lavoro, ci violentano le figlie e ci derubano in casa?” Facciamo una tremenda confusione tra quello che è l’aiuto solidale che bisogna concedere a tutti, anche noi lo abbiamo chiesto in altri tempi e ancora in questi, e la capacità di vivere secondo delle regole. Se vieni a casa mia, accetti di mangiare ciò che mangio e di vestirti con quello che ti offro. Se non ti sta bene vai da qualche altra parte, ma non sarò io a cacciarti fuori. Il problema non sono gli stranieri che arrivano, sono i nostri governanti che li usano come oggetto per le loro campagne. Chi apre le porte in maniera indiscriminata e gli offre il voto per riceverne la gratitudine; chi li sfrutta con i centri di accoglienza e ne ricava denaro; chi guadagna dallo sfruttamento delle loro terre d’origine e con bombe e violenza li scaccia dalle proprie case; chi gli punto il dito addosso come unica causa di tutti i nostri problemi. In ognuno di questi casi, mi sembra che nessuno si sia preoccupato di pensare a loro come persone e non come strumento.
Ecco allora la bellezza di un libro come quello di Vittorio: costringerci a pensare. Obbligarci a porci delle domande, perché, se siamo onesti con noi stessi, ad ogni quesito che ci sbarra la strada, abbiamo il dovere di dare una risposta. Quindi grazie a questo diciassettenne che ha già fatto una scelta; che sia lui un nuovo esempio, forse non quello più facile, ma sicuramente il più meritevole.
- Le Regole del Gioco, serata tra parole e immagini
- Resilienza
Nel libro di Vittorio ho trovato una storia di coraggio, coraggio di agire, di scegliere, di ideare un piano per uscire da una situazione disgustosa e incivile. In Padre Camorra vi si leggono valori positivi che scarseggiano nella odierna società e che vanno ritrovati. E poi il rispetto per le donne. Un ragazzo che vede nelle donne non uno strumento erotico ma il loro essere amiche, un amore, una mamma. Insomma, c’è da sperare in meglio se dai giovani arrivano messaggi così.
Trovo anch’io disgustosa la serie televisiva di Gomorra, bastava il libro. La spietatezza di certe immagini, la volgarità del linguaggio, l’assenza di ogni valore umano, rende i protagonisti odiosi, riprovevoli, inguardabili.
Ma chi emula questi personaggi, che purtroppo non sono di fantasia, credo siano quelli come loro, che già vivono così, che hanno già scelto il male, che sono deboli perchè ignoranti, cresciuti senza amore e senza dedizione alcuna, vite senza visioni, senza sogni se non quello di avere denaro sesso e droga.
Si ha timore che questo tipo di film possa influenzare e spingere all’imitazione, ma potrebbe sortire anche effetto contrario, cioè far riflettere sul male e sulla sua inutilità.