Una vita a foglietti

Pensieri dalla quarantena

Siamo tutti a casa e tutti abbiamo scoperto che possiamo condividere i nostri pensieri attraverso la scrittura.

E io, che sempre ho scritto, per molto tempo non l’ho fatto. Eppure leggevo. Ho letto tanto e continuo a farlo. Non libri, specifico. Ho letto molto dei pensieri che sono stati lanciati nel mondo virtuale perché quello concreto non ce lo permette.

Sorrido al pensiero. Ricordate quando dicevamo che non c’erano più rapporti tra le persone e si fingeva di usare internet per creare relazioni? E oggi abbiamo quasi solo quello.

Giorni fa ho avuto una lunga conversazione telefonica con il mio caro Franco. Il tempo passato con lui ha sempre un valore particolare, pieno di spunti, di riflessioni. L’argomento coronavirus ovviamente era presente tra di noi, ma si andava oltre.

Quante cose sta portando questa pandemia?

Se facessimo un elenco, se solo ci provassimo, troveremmo, nelle reazioni di tutti, le tante risposte a quelle che sono le grandi mancanze degli uomini e allo stesso tempo, la sua grande meraviglia.

“Sfogliare” facebook è come selezionare le varie tipologie degli uomini. Ci sono i complottisti, ci sono gli ottimisti, i pessimisti, i depressi, gli esauriti, i suggeritori di tutto quello che può servire mentre non serve quasi niente. In breve, c’è l’essere umano.

In un bel gruppo che hanno creato, ho mandato due considerazioni. Cose vecchie, pubblicate anni fa, ma che oggi risultano molto attuali. E “sfogliando” il mio blog, ne ho trovato tantissimi di pezzi che sarebbero stai comunque adatti, come “La casa senza tetto”, “Il verde di ottobre” e qualcun altro di certo. Ma me li sono tenuti per me. A volte si può credere di stare lì a pubblicizzarsi, che in qualche caso, devo dire, ci starebbe pure bene, ma non è cosa che mi appartiene.

E dunque, dopo tanta lettura mi sono decisa a trasferire un po’ di pensieri su un nuovo foglietto. Perché a me, i tanti pensieri che mi attraversano, non vanno più via. Sono insistenti, appiccicosi, prepotenti. Un virus, qualcuno direbbe oggi, termine maledettamente alla moda. E i pensieri sono davvero un virus.

“da sempre l’arma più temuta dell’uomo, è la sua capacità di pensare”.

Sarà un caso che il sottotitolo del blog sia questo? Lo scrivevo anni fa e lo penso da ancora più tempo.

Pensare. In questo periodo tutti abbiamo più tempo per farlo e, come si diceva, tutti lo stanno facendo. Per promuovere un’iniziativa, per criticarne un’altra, per supportare un provvedimento o per condannarlo. Per ogni cosa troviamo fazioni opposte. È il risultato del libero pensare. È la democrazia. Il tipo di convivenza politica che rispetta il pensiero di tutti.

Ma in questo mondo di grande libertà, di grande capacità cognitiva, in cui ognuno ha la possibilità di essere in prima fila, non è che abbiamo dimenticato una piccola cosa? La democrazia, con la libertà che dovrebbe portare con sé, ha anche qualche altro piccolo aspetto da considerare: si è liberi fino a quando non si incontra la libertà del vicino. Che di questi tempi si misura col metro. Io sono libera di fare ciò che voglio, fino a quando ciò che voglio non danneggia l’altro.

Nelle misure restrittive prese oggi, molti hanno puntato il dito verso gli esempi estremi che in altri paesi hanno adottato, e ovviamente, non si può mai essere allegri se si spegne una vita. Ma quella vita spenta, aveva a sua volta il diritto di mettere a rischio tante altre vite? I grandi affetti, che hanno e che stanno richiamando a casa i cari lontani, sono un segno di egoismo? La paura per se stessi e la superficialità verso gli altri, come la chiamiamo?

Sono mamma anch’io di una figlia lontana,  e lontana nell’unico Paese che ha ritardato ogni forma di prevenzione. Non ho molto da essere allegra e sono di certo più che parte in causa in questo discorso.

Io ci penso da parecchio, voi fatelo da adesso, ma in maniera diversa, perché di certo avete mandato i vostri “vaffa” a qualcuno mentre qualcuno abbracciava e distribuiva microbi nascosti.

Questo è uno dei risultati di quella libertà che noi pretendiamo, ma che non sempre sappiamo rispettare.

Ma devo essere sincera, non era mia intenzione essere pesante. Per niente. Perché, in questi giorni in cui sono state chiuse tutte le attività non indispensabili, a me, che sono profondamente cattiva, sono venute in mente le cose più banali, ma che fanno molto nella quotidianità di tantissime persone.

Parrucchieri, estetiste, centri di bellezza e palestre, tutti chiusi. Cavolo ragazzi, ma ci pensate cosa, chi e come si uscirà fuori dalle case quando la quarantena sarà finita?

Tutte quelle messe in piega saltate, la ricrescita dei capelli bianchi senza freni, i massaggini interrotti per mitigare le rughe e la cellulite, che tra poco c’è pure la prova costume, come faremo?

Sì sono cattiva e per una volta vi sembrerò anche insensibile alle cose veramente importanti, ma vi confesso che a me, dietro tante parole, mi colpiscono sempre i fatti. Le abitudini sono dure a morire. Oggi siamo tutti lì a sottolineare la forzatura dello stare in casa, ma anche l’opportunità di godersi la famiglia, come se questo fosse stato proibito in passato. O come se qualcuno ce lo dovesse spiegare.

Non ci rendiamo conto che tante affermazioni oggi, fanno a pugni col nostro passato? Mi sembra di sentire persone che parlano dei loro cari come se li vedessero per la prima volta. Persone che devono imparare a convivere con figli e mariti!!!

Io sono fuori dal mondo. Mentre pensavo ad alta voce il pensiero sui parrucchieri, mi è arrivata una risposta che mi ha raggelata: “stanno pretendendo la visita a casa del parrucchiere con minaccia di cambiarlo in caso di rifiuto!” Se questa cosa fosse vera non la voglio commentare. Mi rifiuto e lascio che il dubbio mi assalga insieme alla speranza di non essere caduti così in basso. Nel frattempo sono spariti molti selfie, compaiono più paesaggi. Ma sarà un caso!

Perché poi, stare a casa, sembra una vera tragedia per tanti. Non so se soffrono più i giovani che non possono incontrarsi con gli amici o gli anziani che non vorrebbero cambiare le abitudini che scandiscono le loro giornate. Ma a me vengono in mente cose strane. Mentre noi ci lamentiamo delle pizze sfornate calde calde, della torta fatta con le nostre mani o la ricetta che abbiamo potuto provare con la massima tranquillità, vi siete soffermati mai a pensare a chi questa clausura la sta condividendo con qualche squallido essere?

Perché sapete, il coronavirus, non è un killer mandato a colpire le persone cattive. No, lui arriva casualmente e si annida ovunque, per cui, quei prepotenti e vigliacchi che fino ad un mese fa picchiavano o violentavano moglie e figli, una casa ce l’hanno. E dentro quelle mura pensate che stiano rispettando il metro di distanza?

Ecco perché ho la testa piena di tante cose. Ecco perché i miei pensieri diventano appiccicosi e col tempo fanno male e devo mandarli via.

Perché la quotidianità di chi “è normale”, oggi sembra stravolta e ci si lamenta, ma chi quella quotidianità l’aveva già tremenda, dove deve scappare? A chi deve chiedere aiuto se oggi, pure se ti viene un infarto forse hai difficoltà a chiedere aiuto?

Ecco allora che la persona che esce senza motivo e viola le regole, va fermato. Non sparato ovviamente.

Ecco perché io non credo che questa clausura porterà nuove coscienze. Saranno le stesse di sempre. Riciclate, ancora più agguerrite forse, ancora più affamate di tutto quello che hanno percepito che può essere tolto da un momento all’altro.

Sono cinica, personalmente spero soprattutto di essere in errore, ma la mia sensazione è questa e come sempre la esprimo. Gli arcobaleni ai balconi mi piacciono, i rioni che cantano insieme e gli anziani che ballano sul balcone mi commuovono, ma non mi fanno cambiare idea. Oggi troppe cose si fanno ancora una volta per apparire. In questo momento, e tra i tanti esempi cito quello di due poveri stupidi che si permettono di far girare un video in cui in Russia comprano un ipotetico rimedio contro il Covid19, dando finte speranze a chi casomai ha un suo caro in pericolo di vita, vediamo come il livello sia ancora molto basso. Di certo non rappresentano la maggioranza, ma sono indicatori di una pochezza che, rispetto al salto di qualità che si prospetta, è davvero difficile da superare.

E in questo quadro non ho parlato di politica. Non entro in nessuna decisione, anche se al “domani”, inteso come il giorno della ripresa, mi chiedo come ci arriveranno gli “invisibili” di questa Italia. Quelli che non potranno avere pretese perché già zoppicavano prima, che forse cadranno definitivamente e nessuno rialzerà. Ma si vedrà. La cosa buona è che tanti sono spariti dalla circolazione e ci stiamo disintossicando pure dalle loro facce.

Però una cosa ancora la dico: guardatevi qualche film storico. Leggetevi qualche vita, tipo quella di Dreyfus, portato sullo schermo da Polanski e sottolineatevi qualche passaggio essenziale: periodo storico, Paese in cui avvenne la storia, e motivazioni sulla scelta del presunto colpevole.

Sono dettagli importanti ma non voglio aggiungere altro. Di tempo ne abbiamo tutti di più e spulciare qualche polveroso libro, o solo chiedere ad una tastiera, ci permetterà qualche nuova riflessione. Nuova, lo spero per davvero, perché le opinioni che esprimiamo dovrebbero essere frutto del nostro pensare e non risultato di litanie che ci inculcano. E sono al punto di partenza, come sempre.

Faccio lunghi giri ma come un cane fedele, torno sempre a casa.

E casa mia è la mia testa, invasa dal mio cuore.

2 thoughts on “Pensieri dalla quarantena

  1. Teresa

    Ottime riflessioni Paola.
    Una tristezza anche per me pensare che c’è chi deve “abituarsi” a stare a casa, come se casa fosse un luogo estraneo, creato per noi da altri e non da noi stessi come porto accogliente e riparatore.
    La vita sui balconi e gli slogan non entusiasmano neanche me. “Andrà tutto bene”, si ma chiediamoci prima dove andare, anche se adesso è il “non andare” in alcun luogo che serve.
    E grazie per avermi strappato un sorriso quando dici che i selfie hanno ceduto il posto ai paesaggi. Io temo che potrebbe diventare fashion farsi vedere in tuta e ciabatte…
    Proprio ieri abbiamo ironizzato sul nostro aspetto estetico volutamente trascurato e Gian, marito di mia figlia, ha detto: dopo questa quarantena, che potrebbe diventare sessantena, o forse ottantena e anche più, vedremo chi è davvero bionda “!
    Noi abbiamo detto di sentirci belle dentro.

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