Una vita a foglietti

Rassegna Li Curti – “Una patatina nello zucchero” con Aldo De Martino

AldoNella sala del Social Tennis Club troviamo tre file di sedie posizionate in maniera concentrica, con l’ultimo cerchio dedicato completamente a Aldo De Martino, che domenica 12 Aprile ha portato in scena, per la regia di Antonello De Rosa, Alan Bennet e la sua opera “Una patatina nello zucchero”.

Lo spettacolo è già iniziato quando ci fanno accomodare e non perché siamo in ritardo, ma perché il protagonista è già entrato nel suo ruolo.

Ma la gente non se ne accorge, sono ancora impegnati con i loro cellulari, ancora si sistemano e lui continua a guardarsi intorno con occhi sbarrati, sorpreso da musica, rumori, persone. E gli occhi e le mani, in un gioco di mimo continuo, raccontano  di un certo disagio…

Quando comincia a parlare, ci accorgiamo che non è solo, teoricamente con lui, Graham, c’è la sua mamma, donna di cui si occupa e con la quale divide la vita e le piccole manie, le varie mancanze dovute all’età, ma tutto procede in una forma di convivenza che tutela ognuno di loro. Questa quotidianità viene scombussolata dall’arrivo nella loro vita di un vecchio amico della madre, Frank Turnbull che, criticando la dipendenza di Graham verso sua madre, decide di sposarla e di portarla via. Nei giorni che seguono Graham vivrà la realtà dell’abbandono, ma scoprirà anche la truffa e la bugia di Frank che, marito di una donna disabile, cerca di rifarsi una nuova vita nascondendo la sua reale famiglia. La confessione che farà alla madre del tradimento di Frank, porterà lei stessa a scoprire il velo che copre l’omosessualità del figlio  e che lo ha relegato in una condizione di perfetta solitudine.

Il monologo a cui abbiamo assistito è un’ennesima prova di bravura di Aldo De Martino, ma gli affezionati della Rassegna Li Curti non si sono certo sorpresi, perché hanno già avuto modo di apprezzarlo nella Rassegna estiva nella quale ha anche ricevuto un premio alla carriera, oltre alle innumerevoli esperienze che ha vissuto in campo nazionale durante la sua lunga storia lavorativa.

E di emozioni ne ha regalate tante. Lui interpreta ovviamente tutti i personaggi e ad ognuno sa regalare le sfumature necessarie per poter raccontare di un periodo della vita, sia quello della persona anziana, ma anche del giovane che non ha apparentemente una sua vita e che fa convergere tutte le sue attenzioni verso quella madre che è l’unica compagna di una solitudine affermata. Un uomo che vive come un “criceto orizzontale”, con giornate scandite da abitudini fisse, da una conoscenza che non sopporta intrusioni, da una monotonia che genera tranquillità, ma che di fatto nasconde quella che viene considerata “una diversità”.

Questa è stata la scelta di Antonello De Rosa, che con la sua regia, le sedie a delimitare uno spazio che ti dà libertà senza farti uscire dal cerchio, che ti crea imbarazzo mentre ti impone di guardarti sempre intorno, di spostare il tuo punto di vista per poter vedere da ogni angolazione, ha voluto rompere quegli equilibri standardizzati a cui siamo abituati. Girare lo sguardo quando c’è qualcosa che non vogliamo vedere è una pratica che si compie spesso, dovere per forza ampliare il proprio orizzonte è invece ancora un’altra storia.

E la storia della solitudine, dei “diversi”, non è stata casuale in questa sera. Avevamo già notato in sala ospiti nuovi, non come i politici che si sono già defilati, ma con i rappresentanti dell’Associazione Il Grillo e la Coccinella, che si occupa di bambini autistici.

Lo scorso due aprile è stata la giornata mondiale dell’autismo. È una data che ricordo perché ne ho sentito parlare ovviamente in televisione, ma ancor di più ne ho letto le parole di chi questa realtà la vive tutti i giorni e i problemi che comporta non si fermano al servizio giornalistico e all’attenzione del momento. C’è una cosa che leggo nelle parole di ogni mamma che ha un figlio autistico e che anche la Vicepresidente Emma Fausto conferma, emozionatissima, quando viene invitata da Carmela Novaldi al centro del cerchio che si è aperto per l’occasione: cosa sarà dei loro figli quando le forze mancheranno e gli anni avranno generato tante mamme di Graham che hanno bisogno di essere accudite invece che accudire ancora?

I problemi bisogna conoscerli. Quando sono arrivata, mentre aspettavo l’apertura del teatro, sono stata avvicinata da uno dei ragazzi autistici presenti. Lo conoscevo perché l’ho visto ad altre manifestazioni, in altri momenti che sono serviti per raccontare della loro realtà che alla maggior parte di noi è sconosciuta, lo confesso. Appena sono entrata “nel suo raggio d’azione”, mi ha spinta via. L’ho guardato e mi sono scusata, perché ho capito di aver invaso il “suo” spazio, quello che gli rende tranquillità e sicurezza e mi sono allontanata. Sono stata contenta perché sapevo, perché in altri momenti ho ascoltato quello che accade nel “loro” mondo, che è diverso dal mio non perché inferiore, solo perché è “un altro mondo”, che noi spesso non abbiamo né voglia, ma soprattutto il coraggio di conoscere. Perché ci porterebbe a farci domande, pretenderebbe da noi un atteggiamento diverso che non sappiamo se vogliamo assumere.

Questa è stata la lezione più grande della serata.

Che un immenso Aldo De Martino ci ha rappresentato, che Antonello De Rosa ha scelto e diretto con la profonda sensibilità che lo contraddistingue, che Carmela Novaldi ha presentato miscelando il suo splendido sorriso con la delicatezza che l’argomento e il momento richiedeva e che Geltrude Barba continua a regalarci, con impegno, sudore, caparbietà e soprattutto con eccellenti risultati.

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