Una vita a foglietti

Regole ed eccezioni

regole ed eccezioniCava 6/11/13

Proprio non restano zitte. E per punizione le catturo. Anche perché devo dire che meritano considerazione.

La pausa caffè dà vita a dei discorsi sul quotidiano. L’attenzione ritorna sul caso delle ragazzine di Roma. Non era passato inosservato per me, ma è un argomento che mi fa particolarmente male, come quando toccano i bambini, e quindi più per difendere me, lo avevo lasciato da parte. Non dimenticato, sia chiaro. E cosa si dice? La mamma di una sapeva, … la scuola, … i vicini. Tutti rientrano nel puzzle.

La rabbia parte quando penso al nostro farci comprare. Anche i figli ci vendiamo per soldi. Letteralmente, li vendiamo. In fasce, da spose bambine, da piccole prostitute, o semplicemente rendendoli vuoti. Facendoli vivere in balìa di qualcosa che non si sa cos’è. Ho visto, vedo e vedrò tanta gente che guarda chi è apparentemente meno danaroso, in maniera sprezzante, dall’alto in basso. Questo abito che deve fare il monaco ci ha rovinati. In fondo anche i nostri giudizi diventano sempre positivi quando parliamo del figlio del dottore, dell’avvocato, o di chiunque abbia un titolo. Ma perché a voi non è mai capitato di trovare il dottore o l’avvocato stronzo? A volte sì.  E allora perché non permettiamo alla persona di dimostrare quello che è con i fatti? Perché i suoi gioielli ci abbagliano prima delle sue parole?

Nel mio lavoro, e penso in quello di tanti altri, ci sono regole ed eccezioni. La regola è quella da seguire perché tocca percentuali alte di probabilità. L’eccezione è appunto qualcosa che va fuori dallo schema. Può succedere, va valutata, ma non cambia la regola. Noi abbiamo fatto il contrario. Abbiamo permesso che le eccezioni cattive, i pessimi esempi, prendessero il sopravvento. In televisione più si è ciucci e più vai avanti (vedi Checco come sbanca al botteghino), più fai la rissa più sale l’audience, più trovi la tragedia più ricami e ore di trasmissione puoi farci sopra. E scusatemi se non vi elenco tutte i nomi che mi stanno venendo in mente, perché sono proprio troppi. Sicuramente dietro tutte queste tragedie ci sono storie, ci sono disagi, ci sono persone. E noi cosa facciamo? Beviamo la loro disperazione che però li ha fatti diventare “famosi” per qualche ora, giorno, settimane. Come i reality che danno spazio a personaggi e situazioni discutibili. Il solo fatto che sia esistito un Grande Fratello, mi fa rabbrividire. (Per correttezza dico che parlo per sensazioni, perché non ho mai avuto voglia di guardare persone che vivono sapendo che ogni loro gesto e parola è preda di avvoltoi. Molti non saranno d’accordo con me, visto il successo di questi programmi, ma io la penso così.) Siamo davvero disposti a tutto per essere visti? Per toccare quel successo che “ti cambia la vita”?  Quante volte chiudiamo gli occhi o giriamo lo sguardo di fronte ad atteggiamenti che andrebbero affrontati, non schivati.

Se una figlia o una moglie o un marito ha un tenore di vita che non si può permettere, perché non ce la facciamo la domanda: Da dove vengono questi soldi?

Forse perché la risposta ci negherebbe quel “di più” a cui non vogliamo rinunciare, a “qualunque costo”.

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