“Una donna a foglietti” si è presentata al Comune di Cava
C’era una serata da raccontare e c’erano giorni da vivere.
C’era una serata da scoprire e c’erano emozioni da ricordare.
Erano tante le cose che avrei dovuto fare dopo il 27 dicembre 2019, dopo aver presentato “Una donna a foglietti” Ed. Il pendolo di Foucault, ma siamo arrivati a gennaio e ancora non ho scritto niente.
Perché? Me lo sono chiesta in questi giorni, ma non arrivava il momento di sedersi davanti alla solita tastiera che con pazienza aspetta di essere chiamata in causa.
Forse perché quella serata che per qualcuno poteva essere un punto di arrivo, per me era un altro paragrafo in quella storia che era stata raccontata. Una storia che vive ogni giorno, e che in quella sera e nei giorni a venire ha raccolto ancora tante parole, tante emozioni, tanti contrasti.
Un libro, pezzi di vita stampati sopra fogli di carta che ora appartengono un po’ di più anche agli altri; a chi li vorrà leggere, a chi vorrà sentirli un po’ suoi.
Se dovessi raccontarla, penso che salterei tante cose. La serata che hanno visto i miei occhi e che le mie orecchie hanno ascoltato è stata troppo personale.
Le letture che hanno commosso tante persone, a me hanno regalato un momento speciale: nessuno sapeva che le parole che i miei figli hanno letto, tratte dai pensieri che mi hanno scritto in passato, non le avevo mai sentite pronunciate dalla loro voce. Le avevo lette, erano mie, ma quella sera hanno avuto una testimonianza speciale. Erano loro che me le dedicavano e non so dirvi quanto cambia la prospettiva.
Autilia, Giuliana, Franco… compagni non di una sera, ma persone che stimo da tanto, che non hanno solo accettato di presentare la serata, ma hanno condiviso con me un momento speciale che resterà ben oltre quella data.
La mia famiglia, quelli che restano e quelli che mi hanno “adottata”, chi è rimasto dietro le quinte a “lavorare” e chi mi ha sorretta in prima fila. Gli amici seduti davanti a me e che ho raccontato “approfittando” delle loro storie.
E poi Claudio. Non tutti sanno chi è, ma i presenti e i futuri lettori, sì. Lui è il piccolo di casa, lui è il mio omino del cuore. Lui è un regalo continuo anche se non lo vedo più così spesso. Lui, in mezzo a tanta gente, ha chiesto di venire da me. Forse non è una cosa che si fa, non lo so, ma io non faccio mai ciò che si fa, solo quello che mi sento di fare. E averlo con me, in braccio, in quel momento, è stato come raccontare un altro episodio di vita.
Due frasi di questa serata mi sono rimaste impresse: “è una delle persone più vere che conosco” e “è una persona che ascolta”. Sono espressioni che spiegano il motivo della pubblicazione, la necessità che avevo di far sentire una voce che raccontasse un po’ di cose reali. Non quelle che piaceranno a tutti, ma quelle che noi abbiamo vissuto e che continuiamo a vivere.
È stata l’occasione per rivedere persone care, amiche di vecchia data che mi hanno cercata nei giorni seguenti per rivelarmi pensieri che avevano dai tempi della scuola e che ancora oggi trovano conferme.
Ma poi quella vita continuava, i giorni di festa, la presenza di Camilla che ormai per noi è un lusso, ma che ci mette di fronte a nuovi scontri e anche nuove esigenze. Come scegliere per il primo giorno dell’anno di andare al mare piuttosto che sedersi ancora a tavola. Mangiare un gelato sotto il sole ma col vento freddo e aspettare il ritorno di Salvatore per andare in una pizzeria solo noi quattro. Che serata stupenda. Senza far nulla di speciale, ma insieme. Se qualcuno ci avesse ripresi, avrebbe potuto testimoniare quello che è scritto in tante pagine del libro. Noi, le nostre risate che per fortuna non disturbavano nessuno visto che era tardissimo, le nostre vecchie abitudini, i ricordi e le complicità che ci siamo costruiti vivendo insieme per davvero.
Poi di nuovo una corsa all’aeroporto e un altro distacco. Un abbraccio che nasconde l’emozione di entrambe, non è mai facile lasciarsi. I dubbi, le promesse, i saluti e vai via senza guardarti indietro.
Ecco i perché di una serata che non poteva essere raccontata solo in quella sera.
Era solo una di quelle in cui continuavano a vivere persone che amano viversi.
- In memoria di Luca – I 50 anni degli Sbandieratori Città De La Cava
- Non descrivo mai una foto, di Salvatore Capasso