Una vita a foglietti

Al Premio Mamma Lucia le esperienze delle premiate Lucia Montanino e Nancy Porsia

Mattinata al Comune di Cava per il Premio Mamma Lucia alle Donne Coraggio. Una mattinata sicuramente lunga, piena di testimonianze, saluti; il tutto mai in modo banale, ma proprio perché tutti hanno avuto il loro spazio, io mi limiterò a raccogliere le mie impressioni, le emozioni che sono nate dall’ascolto delle donne premiate e dalla ricchezza delle loro parole.

In verità mi sono posta una domanda: da dove far nascere il racconto di quello che ci è stato offerto? Dalla gioia, dal dolore, dall’ammirazione, dalla consapevolezza, da cosa?

C’era tutto e seppure gli interventi sono stati ovviamente separati, con i loro tempi e il loro spazi, a me è rimasto un legame forte tra quelle storie che erano fondamentalmente diverse, ma assolutamente vicine.

Seguo l’ordine di scaletta. Nancy Porsia, vincitrice nella Sezione Carmela Matonti del Premio Donne Coraggio attraverso i media. Nancy è una giornalista free lance, autrice del libro Mal di Libia, in cui racconta la sua testimonianza degli eventi libici in seguito alla caduta di Gheddafi.

A guardarla Nancy è una donna minuta, delicata, ma le parole che pronuncia hanno una forza che  può spaventare. Il suo tono è pacato, ha la determinazione di chi ha preso consapevolezza di ogni passo della sua vita.

E ci accompagna nei momenti cruciali di quella vita dove i ricordi della nonna le hanno fatto conoscere le esperienze della guerra, e poi la scelta degli studi e la scoperta della responsabilità dietro quel ruolo, dentro quel lavoro: giornalista. La figura che si fa carico di verificare ciò che scrive, che deve conoscere il contesto in cui scrive e di cui scrive.

Nancy ci parla di quella sua scoperta, di quanto si sia resa conto, una volta arrivata in Libia, di come le parole che usiamo non erano proprio adatte a tradurre la realtà in cui si era trovata. E le parole contano. Pesano. Cambiano le storie. E in questo cambiamento conta tanto quello che tu decidi di mettere in campo. Nancy ci ha messo la coerenza, ci ha messo l’onestà e ci ha messo l’amore. L’amore per quelle persone che non conosceva, con cui non condivideva tradizioni, cultura, ma che è stata disposta a guardare e a scoprire, spogliandosi dei preconcetti che si era portata dal vecchio retaggio. Destrutturare. Ha usato questo termine. Essere capace di dare una nuova lettura a una storia che ci avevano già raccontato e che ci eravamo abituati a seguire sempre in uno stesso modo.

E qui posso far salire a bordo anche Lucia Montanino, vincitrice del Premio Mamma Lucia, anche se il tempo non è ancora il suo, ma lo spirito comincia ad allinearsi.

Cambiare il modo in cui siamo abituati a leggere le storie.

Anche Lucia lo ha fatto, anche se la sua esperienza è totalmente diversa da quella di Nancy.

Lucia è la vedova di una guardia giurata uccisa una notte mentre era a lavoro.

Lei non aveva fatto nessuna scelta, non aveva preso decisioni nella sua vita che potevano far immaginare di essere catapultata un giorno in una zona di “guerra”. Lucia viveva la sua vita e quella vita violenta ha bussato alla sua porta.

Ma Nancy e Lucia qui si incontrano senza essersi viste. In questo posto che non è solo ragione, che non è protagonismo, che non è nulla che noi possiamo giudicare, loro due, con le loro vite così diverse e lontane, si sono ritrovate a fare i conti con il dolore, ma quel dolore da cui può nascere Amore.

Lucia conosce subito il nome dell’assassino di suo marito, scopre la sua giovane età e la sua vita difficile vissuta dentro quartieri che non sembrano darti via d’uscita. Sa, e ha la forza di chiedersi come è possibile che un ragazzo di 17 anni, già padre, arrivi a fare quello che ha fatto. Si interroga come madre, come famiglia, come società.

Poi la vita offre a entrambi un’occasione: l’incontro con chi ha premuto il grilletto contro suo marito. Quell’attimo in cui gli occhi pieni di dolore di lei, si perdono dentro quelli pieni di disperazione dell’altro. E la magia che a me è arrivata, è stata la capacità di Lucia di saperla leggere quella consapevolezza di colpa e, riconoscendola, di saperla superare.

Ecco perché dico che Nancy e Lucia si sono incontrate in luoghi così distanti dal punto di vista fisico, ma così vicini da un punto di vista del cuore.

Queste due donne hanno saputo fare qualcosa a cui non ci abituano, per la quale non si investono lezioni a scuola: sono andate oltre il comune modo di fare, hanno teso una mano. Qualcuno potrebbe banalmente pensare che lo hanno fatto solo verso altri, io credo che l’abbiano fatto prima di tutto con se stesse.

Lo credo perché devi avere una stima così profonda di te, devi aver vissuto il dolore in maniera così vera dentro di te, da averlo metabolizzato in una maniera che non ti ha lasciato semi di veleno, ma desiderio di ripulire, negli altri, quello stesso dolore.

Entrambe si sono chieste perché ci sono vite che sembrano segnate e cosa possiamo fare noi per cambiare quella storia che non è già scritta; lo diventa solo se ciascuno di noi volta lo sguardo da un’altra parte e resta a guardare un film già visto.

È troppo importante avere il proprio punto di vista, impegnandosi a crearselo con le proprie conoscenze e i propri valori.

Nancy ha rischiato la sua vita pur di crearsi le sue esperienze, pur di capire come si svolgessero davvero quelle dinamiche che da noi venivano semplicemente etichettate con definizioni non sempre corrispondenti alla realtà.

Lucia si è dovuta scontrare con chi avrebbe voluto molto più facilmente veder coltivare l’odio piuttosto che sentire nascere l’Amore e il Perdono.

E lo ha fatto anche con la scelta di non trasformare quella sua esperienza in uno spettacolo televisivo. Non è diventata una star Lucia, ha scelto di essere testimone di una possibilità.

Nancy ha sottolineato l’importanza delle parole, addirittura ha sentito il bisogno di dover cercare un termine che nella nostra lingua non esiste per indicare i “traghettatori”, che noi associamo solo agli scafisti, mentre invece avevano un altro ruolo.

Lucia ha dato la sua testimonianza della parola Perdono, che non è quello che chiedono, mortificandolo, giornalai in cerca di scoop a buon mercato.

Allora ritorno alla domanda iniziale: da dove far nascere il racconto di quello che ci è stato offerto? Dalla gioia, dal dolore, dall’ammirazione, dalla consapevolezza, da cosa?

Da tutto questo, perché tutto ci è stato offerto in questa lunga mattinata. Quello che voglio aggiungere è che a volte questi sentimenti vengono abusati, usati per reazioni facili e scontate, che durano il tempo che si impiega per pronunciarli, mentre invece meriterebbero un’attenzione profonda, una scoperta dettagliata.

E soprattutto valutare la differenza tra chi diventa melenso nelle sue testimonianze e chi invece non aggiunge niente a quanto ha veramente vissuto.

Quel tesoro prezioso che si riesce a seminare nel proprio cuore, spesso anche attraverso un dolore immenso, e che diventa faro tra l’oscurità della verità a buon mercato.

One thought on “Al Premio Mamma Lucia le esperienze delle premiate Lucia Montanino e Nancy Porsia

  1. teresa

    Hai conosciuto due donne straordinarie per capacità e coraggio, persone non ancorate all’odioso calpestio di uguali, capaci di guardare le cose con i propri occhi e anche con occhi nuovi, e di sapere affermare valori come il perdono, così salvifico per chi lo pratica e chi lo riceve. Persone che fanno bene al mondo e all’umanità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.