Una vita a foglietti

Giovanna Rispoli – “Ho danzato pioggia e sole”

Ci sono posti dove pensi di dover essere e altri in cui senti di voler essere.

Alla serata di Giovanna Rispoli, in occasione della presentazione del suo libro di poesie “Ho danzato pioggia e sole”, potevo non esserci. 

Non ho il piacere di conoscerla, non avevo mai letto le sue poesie, non ero stata invitata, ma sapevo di lei. E sapevo che era accompagnata in questa sua esperienza da Franco Bruno, mio caro amico, e da Manuela Borrelli, di cui ho apprezzato l’arte già da qualche anno.

E aver saputo di questa serata mi ha chiamata qui, all’interno del Museo da poco inaugurato per Mamma Lucia, già evento straordinario di per sé.

Mi piace sedermi tra gente sconosciuta, aspettando di scoprire cose che non so.

Mi piace perché troppo spesso andiamo solo dove già sappiamo cosa troveremo, restando nel guscio protetto del già vissuto e poco aperti a quanto ancora di bello e di nuovo potremmo scoprire.

Perché è proprio questo quello che facciamo quando apriamo un libro nuovo, quando ascoltiamo una canzone, quando cominciamo a guardare il mondo con occhi diversi. Ci diamo opportunità. E non è cosa da poco.

La serata promette tanto.

Dalle sedie blu che ci ospitano, rivolgiamo il nostro sguardo ad un palco un po’ stretto, apparentemente, per tutte le cose che sono in serbo per noi; musica dal vivo, proiezioni di immagini e parole che scorrono ripetutamente e che ti offrono l’occasione di guardare più volte, più a lungo…

E Giovanna è lì, con un sorriso che è gioioso sì, ma che non sembra aver metabolizzato del tutto le potenti emozioni che l’hanno portata su questo palcoscenico.

Tutte le amiche e le donne che la circondano sembrano un gruppo di guardie del corpo messe lì a difenderla, come se ne avesse bisogno.

Ma è solo l’inizio.

Vedo scattare fotografie che immortaleranno momenti bellissimi, che renderanno reali momenti che invece finiranno, mi faccio delle domande private, sulle diverse scelte che ciascuno di noi fa. E prendo la mia personale “macchina fotografica” che è solo un quaderno e una penna e mi appunto parole, di quelle che poi si trasformeranno in racconto. Perché ho voglia di raccontarla questa serata che ancora non mi ha detto tutto, ma mi sta donando promesse, ma soprattutto una certezza; Franco Bruno Vitolo.

Franco fa la sua presentazione meravigliosa e per l’ennesima volta mi interrogo su questa sua capacità di leggere l’anima di chi gli affida i propri lavori e li vede trasformati in opere d’arte, sempre.

Questo è un dono che racconta molto della sua persona, del suo cogliere quella particolarità di ciascuno, di saper avere rispetto per ogni creazione e di certo, di fronte a questa immensa capacità, non si può non trovare la grandezza della sua di anima, che sa legarsi in maniera speciale a questi “esseri umani” che lo circondano e che cercano in lui uno specchio che rifletta il senso delle proprie creazioni.

Grazie Franco, sono certa che anche Giovanna accetterà questa parentesi per te.

E si parte in questo viaggio che è fatto, come anticipato, di musiche, parole, e poi famiglia ed emozioni condivise.

Cava è un paese piccolo, confesso di aver riconosciuto il marito di Giovanna, anche se “in borghese”. Lui è il capitano di uno dei gruppi della festa di Monte Castello, difficile non ricordarlo. Eppure io l’ho sempre visto in quel ruolo, con la spada lungo il fianco e lo sguardo del capo, del condottiero. Poi me lo ritrovo qui, non solo come marito, ma come cantante e, confesso, mi ha stupita, soprattutto per i testi in inglese. Davvero una rivelazione e già lo metto nel cassetto delle cose belle, delle nuove scoperte.

Poi le poesie, lette a rotazione da Giovanna, da Manuela, da Maria; alla fine dando voce anche a  chi pensava di essere muta e che ha ricevuto il miracolo di parlare.

Le foto che scorrevano incantavano, due generi completamente diversi però si susseguivano; erano quelli ufficiali di Sara Di Costanza, illustratrice del libro, che traduce i versi in opere d’arte e i dipinti di Manuela Borrelli. Non avevano firma ma il suo stile così particolare, che ha il dono di rendere reali le immagini, l’ho riconosciuto subito, perché mi aveva affascinata durante una mostra che ci aveva fatte conoscere. Mani di adulto e di bambino sovrapposte, Occhi rimasti soli a parlare mentre una mano tappa la bocca, Un calice di vino che si riempie…

C’è racconto ovunque in questa piccola sala, sulle pareti che ricordano quello immenso di mamma Lucia e in questi disegni, nelle parole che si leggono e che qualcuno riporta su uno specchio.

Non vi meravigliate se non ho ancora parlato delle poesie di Giovanna, non le ho dimenticate.

C’è solo un piccolo dazio da pagare nei miei scritti, sono appunto miei e seguono il filo che guido io, che mi porta dove ho necessità di stare.

Anche qui c’è un vento che porta via le parole e le lascia cadere poi dove decide lui, senza seguire la logica comune.

Il Vento, la Terra, il Mare, il Fuoco… gli elementi che Giovanna ha provato a descrivere attraverso le sue visioni, o solo mentre attraversavano le sue emozioni.

É stato molto chiaro il riferimento a questi elementi durante tutta la serata, ma confesso una cosa: se c’è una cosa che non mi piace, è farmi leggere le poesie dagli altri.

Ecco perché non ve ne parlo qui, come parte di questa presentazione.

Il racconto delle poesie di Giovanna per me è iniziato stamattina, a un’ora insolita, circa le 5,30, che di domenica poteva non essere proprio il maggior desiderio, ma non c’è un tempo per “fare”, per “scoprire”.

Ho qui accanto a me il suo libro, con la dedica che è un invito che Giovanna non può sapere quanto sia stato già vissuto da parte mia, perché, come detto, non ci conosciamo; mi sono concessa il piacere di leggermele da sola quelle poesie, soprattutto di leggermele tutte, anche quelle che per ovvi motivi di tempo, non erano state scelte.

E allora posso concludere il racconto di una serata che, solo per me, non era ancora finita.

Lo faccio con un semplice “Grazie”, ma so che Giovanna coglierà la Gratitudine che racchiude.

Un grazie che va oltre il solito tentativo di dare un giudizio a delle emozioni che si sono tramutate in versi.

Il Grazie è verso il coraggio di chi ha sentito il bisogno di dare una forma a tutte quelle sensazioni che si scatenano di fronte ad un cielo stellato, di fronte all’acqua del mare, alla pioggia, al vento, alla carezza di un amore, alle mani strette di un figlio, alla potenza di sentimenti che sono molto più grandi delle parole che usiamo per descriverli.

Guardare con gli occhi che hai scelto tu, Giovanna, non è da tutti. Anche se dentro quelle parole, c’è qualcosa che va oltre il significato che le è stato dato.

Mi auguro che ci siano ancora domande, che ci siano ancora ricerche, di quelle che spingono a fare passi avanti, che raccolgono le inquietudini di Anime che non conoscono immobilità, ma solo scoperte, curiosità.

Le radici hanno una notevole importanza, ma poi bisogna sapere scegliere di essere foglia per andare “oltre”.

Questo è il mio Grazie, per quelle emozioni che sono ritornate a me, si sono unite alle mie, mi hanno accompagnata nel mio vivere questa Terra che è vicina a te e che se pure non è la “mia”, di certo mi ha adottata.

E che, come a te, ha concesso il suo racconto. Un racconto che ha tolto il superfluo e ha lasciato domande; di quelle che non amiamo porci, ma che sono indispensabili per continuare il cammino.

4 thoughts on “Giovanna Rispoli – “Ho danzato pioggia e sole”

  1. PASQUALE DI DOMENICO

    Complimenti Paola! Ho danzato… scrive Giovanna, danza a modo suo ogni lettore che legge, e tu che sei una lettrice speciale hai danzato a modo tuo in in una visione encomiabile. Tutti danziamo, grazie a Giovanna e ci fa proprio tanto bene all’anima.

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