Una vita a foglietti

La via del denaro o della vita?

Da ieri sera, da diverse chat, mi sta arrivando un video che illustra il nostro prossimo futuro. Ed è una visione orrenda.

Macchinazioni, complotti, oscurantismo puro. La sensazione che ti rimane dopo averlo visto è che converrebbe armarsi di una lametta e tagliarsi le vene. Perché non ci lascia nessuna speranza. Perché ci rende una massa informe e manovrabile. Perché non ci lascia via d’uscita.

E a me non piace.

Chi ha letto i miei pezzi, sa che mi aspetto molto da questa situazione e ho poca fiducia in quello che si sta facendo. Ma questo è un modo di ragionare che prevede reazioni a fatti in corso. Contrastare parole false, è giusta cosa, ma dobbiamo farlo con i fatti. Avere opinioni sull’operato degli altri, è doveroso, ma dopo essersi almeno un pochino informati.

A me non piacciono le strombazzate “vuoto a perdere”, perché quelle vanno a finire nelle mani e sulle bocche di tutti. E spesso se ne appropriano persone che non hanno voglia di riflettere, che cercano sempre un cattivo nell’altro e mai dentro di sé. E questo non va bene.

Si parla dei vaccini. Argomento che si allarga a dismisura e che da anni ha dato vita a moltissime interpretazioni. La mia personale idea, è che non sono affatto contenta di dover vaccinare tutti per tutto indistintamente, ma so anche far delle differenze ovvie.

Se mi chiedi se mi voglio vaccinare per evitare una potenziale malattia che potrebbe colpire solo me, è giusto che io abbia la possibilità di scegliere. Sono responsabile della MIA vita e me ne assumo le conseguenze. Solo io. Se mi dici che mi devo vaccinare per il morbillo o, domani, per il coronavirus, come potrei dire: NO? Non siamo noi che abbiamo criticato le espressioni “immunità di gregge”? A quella ci si oppone col vaccino. Punto e basta. Che poi ci saranno aziende farmaceutiche che ci guadagneranno, mica è una sorpresa! Non state contando però, oggi, i miliardi che si stanno investendo nella ricerca. I tanti scienziati che ci stanno lavorando, in ogni parte del mondo. Sarà una corsa a chi fa prima o a chi lo farà meglio. Ma la scelta della qualità noi potremo chiedere ai nostri politici; non se farlo o meno.

Per una malattia che si propaga nel modo che stiamo vedendo, a chi si potrebbe concedere di non farlo?

Se nei secoli passati fosse già esistito il vaccino contro la lebbra, pensate che la gente lo avrebbe usato? A occhio e croce, tirando a indovinare, direi di sì.

Parliamo poi della possibilità che vengano a prelevarci in casa “con la scusa di essere malati”. Scusate, ma chi ha la possibilità di diagnosticare la mia malattia da lontano? Dovrebbero eseguire tamponi di massa e, magicamente, dovrebbero risultare positivi e asintomatici, tutti quelli che infastidiscono il potere?

E noi che cosa faremmo? Staremmo a guardare? Perché è allora che dovremmo intervenire, agire, scendere in piazza. E se non potessimo farlo, vorrebbe dire che saremmo stati già assoggettati da un potere di regime, che a quanto pare in Italia non può esistere, perché siamo ampiamente tutelati dalla Costituzione. O non ci crediamo? Perché se non ci crediamo, allora è un’altra storia e qualcosa si dovrebbe pretendere di più ADESSO. Già adesso dovremmo tenere gli occhi aperti, non aspettare domani.

Poi il 5G. Da due mesi siamo rinchiusi in casa e ci resteremo ancora, tutti stiamo sfruttando internet e le varie tecnologie che ci permettono di lavorare, giocare, acquistare, vedere film, sport, cartoni etc etc, e ora pensiamo al 5G? Non so di preciso cosa potrebbe fare, di sicuro molti ipotizzano ulteriori danni alla nostra salute, ma scusate, l’inquinamento elettromagnetico lo state scoprendo ora? Sappiamo da un po’ che tutti gli elettrodomestici che usiamo in casa, sviluppano onde che noi non riusciamo a sopportare e che ci rendono tesi, stressati, iperattivi, ma se chiedi a qualcuno di non andare a dormire col cellulare sul comodino, ti prende per pazzo. Quindi?

D’altra parte, in un futuro ancora più connesso e che richiederà maggiore velocità, chi non amerebbe potersi connettere in pochi secondi piuttosto che mettersi in fila con la madre, la sorella, il vicino?

È la strada che abbiamo intrapreso e starà a noi, come sempre, gestirla nel modo migliore, per le reali necessità. Perché per quanto riguarda i controlli che subiamo, non credo che stiano aspettando la nuova tecnologia per sapere cosa facciamo. E a noi sembra stia bene. Perché siamo noi che corriamo a postare foto di tutto quello che facciamo, in qualunque luogo ci troviamo, che diamo informazioni come se fossero caramelle.

E il discorso continua avanti così. Non mi piace. Anche questa è manipolazione delle masse.

Far nascere la paura, la diffidenza verso l’altro, è il primo passo che si compie per renderci estranei e diffidenti l’uno con l’altro, mentre quello che dovremmo fare, secondo me, è restare sempre più uniti.

Il popolo, la massa è l’elemento di maggioranza, sempre. E da sempre è quello che paga le scelte delle minoranze. Ma non ci chiediamo mai perché?

Queste sono le domande che dobbiamo porci. Non se siamo comunisti o fascisti! Chiediamoci se siamo brave persone, se abbiamo a cuore non solo il nostro pasto quotidiano, ma anche quello degli altri. Se abbiamo desiderio di creare un futuro o se vogliamo prendere solo quello che c’è oggi senza pensare al domani.

Quando la paura serpeggia tra di noi, il primo che arriva e ci garantisce un piatto di pasta, ottiene il nostro consenso, anche se non capiamo per davvero quanto ci costerà, in seguito, quel piatto di pasta.

Quando la mafia e la camorra pescano tra la gente, lo fanno sempre tra i disperati che giustificano quella scelta con la necessità di mandare avanti la famiglia ed è il mafioso che lo tutela da quel punto di vista. Noi da fuori diciamo che non è giusto, ma se poi ci ritrovassimo in quella condizione? Non fidarsi della legge e dello Stato e dover comunque sopravvivere? Da chi andremmo? È come andare dall’usuraio, lo sappiamo tutti che è sbagliato; o come i migranti che troppo spesso finiscono sulle strade a delinquere e a qualcuno conviene. Ma in ogni caso, si sfrutta solo la disperazione, la paura, la solitudine.

Pensateci bene allora a prestare fede ad ogni cosa che arriva. È giusto, assolutamente giusto sentire le varie campane, ma non lasciate che siano gli altri a condizionare il vostro pensiero.

Il Quarto potere, citazione espressa per la prima volta in Inghilterra nel 1787, sottolineo, 1787, dimostrava già allora, che l’informazione aveva un ruolo cruciale nella vita di un paese. Di come il cronista, il giornalista, avesse la grande responsabilità di far arrivare al pubblico ciò che accadeva in politica e nel sociale in generale.

Immaginate oggi che succede. Quando noi abbiamo il giornalista che segue la politica di sinistra e quello che invece tira a destra: cosa ci diranno? E se noi commettiamo l’errore di leggere con i soli occhi loro, davvero staremo esprimendo un nostro pensiero o piuttosto faremmo i pappagalli? E se poi il nostro indirizzo è già verso uno schieramento piuttosto che l’altro, saremo mai in grado di riconoscere le falle di quelle determinate politiche?

Il mio caro professore di italiano Grieco, ci raccomandava, negli anni ’80, di leggere la stessa notizia su vari giornali, per scoprire come il pensiero politico condizionava il racconto, colpa mostruosa di chi fa informazione. Un cronista per definizione, fa cronaca, non commenti. Non parteggia, non fa pendere giudizi. Non condanna su una testata con i titoli che poi non riflettono nemmeno il contenuto dell’articolo, ma che spesso sono l’unica cosa che viene ricordata. E ci consigliava, all’epoca, quando noi avevamo i nostri 15, 16 anni, di non scrivere il diario del fidanzato che ci lasciava o ci amava, ma di scrivere pagine di quella nostra quotidianità, perché col tempo ci saremmo ritrovate libri di storia scritti però da noi. Con i nostri occhi, con le nostre capacità di comprensione, con i nostri sogni e i nostri timori.

Ecco, io vengo da quella scuola. Non da quella che pure ho visto fare ad altri. Di professori che vanno nelle scuole a parlare di politica, ma non di quella in generale su cui andrebbero giustamente sensibilizzati gli alunni, ma di quella che piace a loro, con le loro individuali prese di posizione. Come si fa nelle case, dove i figli sono sempre figli anche delle nostre ideologie. Errore madornale. Peccato mortale. Avere figli che la pensano proprio come noi perché li abbiamo imbeccati noi così, da cosa ci salva? Dal confronto? Da un altro punto di vista? Sciocchi ipocriti egoisti.

Noi la libertà non sappiamo cosa sia nella società perché non la sappiamo concedere nemmeno tra le mura di casa nostra. Perché non la sappiamo riconoscere per noi stessi.

Io esprimo i miei pensieri su queste pagine, su questi foglietti che non raggiungono quasi mai le masse perché sono lunghi, perché non hanno hashtag, perché non voglio farmi pubblicità. Io voglio pensare. Voglio essere libera di ragionare e voglio sapere che le mie riflessioni diventano reali e che resteranno anche per gli anni a venire. Per avere il coraggio di rileggerle, per avere il coraggio forse di riconoscere di aver sbagliato o di aver fatto bene, non lo so adesso. Ma ogni cosa l’avrò fatta con quella libertà che in molti, da tante parti, vogliono toglierci offrendoci una loro interpretazione.

IO PENSO. Non saranno validi forse per nessun altro i miei pensieri, non lo pretendo di certo, ma questo non  cambia il mio desiderio di esprimerli.

Non faccio del male a nessuno. Non istigo nessuno se non a pensare. E il pensiero è in realtà un’arma, di quelle potentissime, ma che non sparge sangue, serve solo a ricordarci che tutti noi abbiamo un cervello. Possiamo usarlo tranquillamente, non si consuma, anzi: tenerlo allenato lo fa migliorare.

E il Papa, in questi giorni di Pasqua, di Resurrezione, di nuova vita, ha detto una cosa grandiosa nella sua semplicità, che più o meno suonava così: oggi bisognerà scegliere se seguire la via del denaro o la via della vita.

Ecco, questa riflessione io farei girare. Su questa chiederei un compito in classe. Perché badate bene, non si deve condannare il denaro in sé. Chi lavora, che sa lavorare con grandi competenze, è giusto che guadagni, perché significa pure che è persona in grado di assumersi grandi responsabilità. Cosa diversa è lucrare sulle vite degli altri facendo cose che portano profitti a pochi a discapito di tanti. In questa direzione allora ci vorrà un cambiamento. E non sarà con la paura che ci si arriverà, ma con la lucidità, con la consapevolezza.

Non puntiamo il dito contro chiunque abbia un patrimonio se ha saputo costruirlo e lo usa anche per gli altri, e qui ricordo il proprietario di Twitter, Jack Dorsey, che ha donato un terzo del suo patrimonio per la ricerca sul Covid, sulla salute in generale e per l’istruzione delle donne! Non male per uno “ricco”.

Piuttosto valutiamo bene chi sono quelli che si arricchiscono senza saper dare nulla in cambio, senza competenze, e soprattutto senza morale. Che nel momento di confusione approfittano per dileguarsi col malloppo del superfluo, piuttosto che lasciare indietro l’indispensabile per qualcun altro.

Chiediamo a noi di essere migliori, poi sarà più facile pretenderlo da chi ci è vicino.

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